La «V» di carena si misura in gradi angolari e risponde all’angolo che la tangente alla superficie di una delle due semicarene forma con una linea parallela al piano ideale di navigazione (che rappresenta in schema la superficie del mare). E’ facile dedurne alcuni elementi.
1°) Salvo che in pochi casi, l’angolo della «V» di carena cambia con il consueto appiattirsi delle sezioni di opera viva da prua verso poppa.
2°) Angoli della «V» di carena particolarmente spinti, specie da mezzanave a poppa, determinano un maggiore assorbimento di potenza a parità di prestazioni velocistiche, e possono anche creare instabilità laterale in velocità (il classico «sfarfallamento») perché si riduce l’effetto binario della parte terminale poppiera dei tubolari.
Di contro, una carena con una «V» molto accentuata non solo a prua ma anche nelle sezioni mediane batterà meno sul mare formato, specie sul mare corto e secco di vento, che è la maledizione di tutti i gommoni in quanto a comfort.
Riassunti e semplificati così a spanne i principi elementari della progettazione delle carene dei gommoni – in particolare dei compositi con opera viva di vetroresina, unici a poter giocare con un range abbastanza ampio sugli angoli di carena – bisogna anche ricordare che non esistono regole assolute sulla base delle quali arrivare a una carena ideale.
Ogni progettista serio e competente ha «la» sua formula, o meglio «Le» sue formule, che possono manche integrarsi e fondersi a seconda dei risultati da raggiungere.
Il classico semirigido da mare rotto si presenta con una «V» di prua molto accentuato (con angolo anche superiore ai 30°) e con una «V» decrescente ma ancora importante per tutta l’opera viva fino alle uscite di poppa.
Ciò non basta però a garantire che sarà relativamente morbido sull’onda. Giocano, infatti, anche altri fattori: il rapporto tra lunghezza e larghezza (più è sfinato, meno batte) il diametro dei tubolari (più è ridotto e l’attacco è spostato in alto meno interferisce con le onde e meno il gommone «rimbalza»), il profilo e la lunghezza dei terminali poppieri, la potenza applicata e la massa del motore, il tipo di elica e il suo regresso, l’esistenza o meno di superfici idrodinamiche di correzione dell’assetto (flaps), eccetera.
Ci sono poi altri parametri non necessariamente fissi: i pesi a bordo e la loro distribuzione, la posizione dei pesi non mobili (serbatoi, batterie, eccetera) rispetto al baricentro, e più precisamente rispetto al centro di gravità ed al centro di carena, la rigidità dell’opera viva ed altro ancora.
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