Tutti noi giudichiamo un gommone soprattutto da ciò che si vede. Ma le vere «qualità» sono quasi sempre «nascoste». Dai materiali impiegati per la carena e la coperta alla struttura su cui è costruito.
E non parliamo solo di longheroni e madieri. C’è, infatti, un’infinità di particolari che rendono un semirigido più o meno robusto. In un gommone quello che c’è fuori è facilmente valutabile anche da un occhio totalmente inesperto.
Capire le forme in base alla loro funzione, incluso il layout di coperta, è più da gommonauta smaliziato; ma anche tra quelli che fanno parte di questa categoria, non tutti sanno cosa c’è al di sotto di quel piano di calpestìo, a volte inaccessibile.
Le zone sconosciute sono tanto più estese quanto è maggiore la taglia del gommone. Ci sono locali ispezionabili, spesso dedicati a impianti, e altri spesso no, dove passano solo le strutture interne e, a volte, destinati a conferire un surplus di galleggiamento, in aggiunta al volume assicurato dei tubolari.
Tra tutto ciò che si può trovare all’interno dello scafo, l’attenzione di questo articolo è mirata sul capitolo «strutture».
Cerchiamo di districarci in questa complicata materia, non sempre facile da afferrare da chi non è un «addetto ai lavori» grazie all’aiuto del nostro «esperto» Alessandro Chessa.
L’articolo completo lo trovate nel numero di giugno della Rivista Il Gommone, ora in edicola o in edizione digitale.
Se lo desiderate, potete richiedere anche solo il PDF di questo articolo pubblicato sul fascicolo n. 389 – giugno 2020 cliccando qui.
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