Il continuo aumento dei prezzi delle materie prime innescatosi a maggio dell’anno scorso non si è ancora fermato, ma sta rallentando e potrebbe invertire la rotta nell’ultimo quadrimestre del 2021: questo è quanto emerge dall’analisi di Achille Fornasini, professore dell’Università di Brescia, in collaborazione con l’Ufficio studi di Anima Confindustria. Analisi presentata in mattinata al Focus Materie Prime: l’osservatorio periodico di ANIMA Confindustria dedicato all’aggiornamento dei mercati delle commodity.
L’analisi di Achille Fornasini evidenzia come, oltre all’inedita contrazione dell’offerta causata dai fermi e dalle chiusure degli impianti durante il picco della pandemia, tra i fattori critici scatenanti l’aumento generalizzato dei prezzi vi sia innanzitutto il boom della domanda globale da parte delle macro-regioni industrializzate: in incalzante sequenza l’Asia, il Nordamerica e l’Europa.
In secondo luogo, pesa la conclamata inefficienza dei sistemi logistici internazionali e locali: diretta conseguenza delle misure sanitarie, che hanno rallentato le movimentazioni nei porti, ma anche della ripartenza pressoché simultanea di tutti i sistemi industriali mondiali, che ha contribuito a congestionare talune rotte e a emarginarne altre.
«Come se tutto ciò non bastasse – commenta Fornasini – il graduale indebolimento del dollaro ha reso meno onerosi gli approvvigionamenti, trattandosi di materie prime quotate appunto nella divisa americana. Infine, gran parte delle imprese, trovandosi a corto di scorte, si è lanciata in acquisti di materie prime ben più consistenti dei normali fabbisogni, innescando e accompagnando una spirale di aumento dei prezzi che tuttora si autoalimenta. In un tale contesto la speculazione finanziaria continua a trovare il terreno più favorevole per le proprie scorribande che, individuando nelle materie prime ottime alternative di investimento, ne accelerano e ne potenziano i continui rincari».
L’effetto di queste concause non risparmia alcuna commodity. Nel corso dell’ultimo anno, in campo energetico il petrolio (+248%) ha orientato al rialzo sia i costi elettrici (+365%), sia quelli del gas naturale (+545%). Impressionanti anche gli aumenti dei polimeri: polietilene (fino al 160%), polipropilene (fino al 123%). Nel settore metallurgico (aumenti medi del 90%) spiccano lo stagno (+142%), il rame (+120%) e l’alluminio (+75%), mentre nel comparto siderurgico non si fermano gli eccezionali incrementi dei coils a caldo (+200%) e delle lamiere (+234%).