C’è bagarre nel mondo nautico da quando, negli ultimi giorni, si sono diffuse notizie (confuse) circa una imminete «rivoluzione» relativa agli apparati Vhf. Tutto nasce dalla Legge del 7 ottobre 2015, n. 167, con la quale è stata data la delega al Governo per la riforma del Codice della Nautica da diporto: c’erano, infatti, diverse cose che non andavano.
Il Governo ha così messo mano a quanto gli era stato commissionato (in tema di sicurezza, cultura del mare, patenti nautiche, titoli professionali, demanio marittimo, eccetera) e questo ha portato – per esempio – alla revisione dei requisiti visivi e uditivi necessari per ottenere o rinnovare la patente nautica (meno male).
Come spesso accade, per revisionare le norme sono stati invitati attorno a diversi tavoli i tecnici di differenti Ministeri. Pare che a qualcuno di questi tecnici (in particolare delle Capitanerie di Porto, di concerto con il Ministero per lo Sviluppo Economico) sia venuta una «bella» idea: perché non rendere obbligatorio il Vhf con il Dsc per tutte le imbarcazioni da diporto?
Come sappiamo, il Dsc – cioè il tasto che rende possibile la chiamata selettiva d’emergenza previsto dal sistema di telecomunicazioni Gmdss – è già presente sui Vhf di nuova generazione da un bel po’ di anni: può utilizzarlo, però, soltanto chi è in possesso di uno dei certificati abilitativi (Goc, Roc, Lrc e Src).
Se non si ha uno dei predetti documenti, si usa il Vhf per l’ascolto dei bollettini o le comunicazioni con i porti o per lanciare l’Sos ma in modalità tradizionale.
Le novità, dunque, sarebbero due: la prima che chiunque navigasse oltre 6 miglia dalla costa dovrebbe avere a bordo non un generico Vhf (com’è attualmente), ma un Vhf con tasto Dsc; la seconda: che tutti i possessori di un tale apparecchio dovrebbero munirsi dei certificati abilitativi del caso. E qui sta l’inghippo.
Se, infatti, sostituire un vecchio Vhf con uno più moderno non è un’operazione difficile e nemmeno costosa, visto che ormai le radio marine «vengono via» anche a poco, ben altra cosa è conseguire un certificato Gmdss: gli esami sono piuttosto complessi, sono costosi e si tengono soltanto a Roma (almeno fin’ora).
Ci vuole poco a capire quale dispendio di tempo e di denaro comporterebbe la cosa! E non è finita. Sempre nei medesimi ambienti «tecnici» pare sia stata ventilata l’ipotesi di richiedere a chi navighi oltre 30 miglia dalla costa di imbarcare un apparecchio trasmittente a onde ettometriche (MF/HF con Dsc), pesante, ingrombrante, costoso. Vi state chiedendo «e chi ci va a trenta miglia»? Non è tanto difficile: chi, per esempio, usa raggiungere alcune isole, facilmente «sfora» questo tetto.
Ora, se sembra che quest’ultima ipotesi sia abbastanza improponibile, soprattutto per una questione tecnica (non si adatterebbero alle unità da diporto, soprattutto ai gommoni), la prima – invece – è accreditata come «pericolo reale». Al momento non è il caso di allarmarsi, ma è certo che bisogna tenere d’occhio la situazione e vedere come evolve.
Il confronto con i tecnici ministeriali e le rappresentanze di categoria è tutt’ora in corso: in particolare, Ucina – Confindustria Nautica sta lavorando perché questa radicale modifica della normativa avvenga in modo più soft. «Siamo favorevoli a misure che incrementino la sicurezza della navigazione – ci ha riferito Alberto Osculati, presidente del settore Accessori di Ucina – ma esclusivamente in un’ottica di progressività, ragionevolezza e commisurazione alle effettive necessità. Che senso ha, infatti, «imbottire» le imbarcazioni di accessori se non vi è la reale necessità? Un approccio graduale, senza aggravio di costi e di burocrazia sarebbe auspicabile».
Effettivamente, aggiungiamo noi, non è simpatico che lo Stato metta in atto una sostituzione forzosa delle apparecchiature, e ancora meno che costringa i diportisti a ritornare sui banchi di scuola (nautica) per l’ennesimo «patentino»: sono misure di cui la nautica non ha bisogno, che non ne aiutano certo lo sviluppo, anzi, lo deprimono.
Sarebbe forse più accettabile se le nuove norme valessero a partire dalle nuove unità, provvedendo, però, a facilitare l’iter per il conseguimento delle licenze: esami in tutt’Italia e non solo a Roma, per esempio, a costi contenuti e in modalità semplificata per chi non ha intenzione di fare la Vendée Globe, bensì andar fuori per quindici giorni all’anno.
D’altro canto, esistono altri strumenti moderni altrettanto efficaci ed «easy» per farsi trovare in caso di difficoltà, lo abbiamo scritto mille volte.
Prima di chiudere, ecco un paio di chiarimenti sulle boutade che sono uscite in questi giorni. Qualcuno ha parlato di «nuovi esami» per i diportisti: in realtà, gli esami per conseguire i certificati di Operatore Radio Goc, Roc, Lrc e Src per l’utilizzo di Vhf con Dsc, MF/HF con Dsc, Ais attivo, Epirb, eccetera, già esistono: li sostengono coloro che utilizzano la radio di bordo per motivi professionali o i diportisti che lo desiderano o ne abbiano necessità.
Tecnicamente, dunque, non si tratterebbe di «nuovi esami», ma di un numero maggiore di persone chiamate a sostenerli. Qualcun altro ha tuonato che il Governo vorrebbe «addirittura» imporre una licenza a scadenza per il Vhf: beh, dobbiamo dare una brutta notizia a questo «qualcuno», perché la licenza («Licenza governativa per l’esercizio di stazione radioelettrica installata a bordo») scade già adesso ogni dieci anni!
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Il Gommone